Dance on a Volcano

VENERDÌ 11 SETTEMBRE – Concerto

Ore 20 e 21 – Chiesa san Giovanni Battista, Borgo di Cesano

DANCE ON A VOLCANO – Gazzara Plays Genesis 

Con Francesco Gazzara, pianista e compositore

Un pianeta, la Terra, oltre i limiti dei cambiamenti climatici. Un fiume, il Forth, che con il suo scorrere verso la profonda insenatura, il Firth, creata dal suo estuario, rappresenta la vita, la storia, il tempo. Un vulcano, forse vero o forse onirico, con le stesse scosse, esplosioni e suoni di uno spartito, di una musica, di una band. Una pianta, la Hegwood gigante, importata per decorare e rivelatasi infestante e dannosa. E ancora una fontana, quella del mito ovidiano di Salmace ed Ermafrodito, originalmente situata nella regione anatolica della Caria. Erano i primissimi anni Settanta quando una band britannica, i Genesis, scelse di integrare nella sua musica temi mitologici con un forte legame naturalistico. Quando il rock era progressivo, quando il rock era sperimentazione musicale e rappresentazione teatrale, quando il rock era ribellione generazionale e denuncia politica, quando il rock era una continua genesi. Quando il rock era – appunto – i Genesis. Francesco Gazzara in un concerto di piano solo, interpreta brani dei Genesis: la natura, a volte quieta ma più spesso ribelle e apocalittica, come massimo comune divisore di un’arte musicale che ha il potere di evocare immagini epiche e paesaggi mozzafiato anche a cinque decenni di distanza.

Cinquant’anni dopo la nascita dei Genesis, Francesco Gazzara pubblica “Here It Comes Again”, secondo album acustico-orchestrale del progetto Gazzara Plays Genesis. Una selezione particolare dedicata alla natura, al paesaggio naturale e umano del nostro pianeta.

Luogo san Giovanni Battista, piazza Caraffa 24 Durata 30 minuti e 2 turni  Partecipanti max 40 Età per tutti    

Approfondimenti

“The Fountain Of Salmacis” – (“La Fontana Di Salmace” dall’album “Nursery Cryme”, 1971)

“Da una foresta densa di abeti alti e scuri si erge come un’isola il Monte Ida / Dentro una caverna nascosta le ninfe aveva tenuta nascosta una creatura / Ermafrodito, figlio degli Dei, così impaurito dal loro amore”. Il testo cantato da Peter Gabriel si muove sinuoso tra gli arpeggi e i crescendo musicali del brano, costruiti come fossero il ritmo altanelante di un corso d’acqua, un fluire impetuoso di cascate e cascatelle, come se le note ricostruissero con cura e dettaglio la fontana della ninfa Salmace, di ovidiana memoria (“Le Metamorfosi”). Un tema caro ai Genesis, visto che molti anni dopo il loro chitarrista Steve Hackett ci basò un intero concept album orchestrale (“Metamorphoses”).

“Dance On A Volcano” (dall’album “A Trick Of The Tail”, 1976)

Nonostante l’influsso onirico del mondo dei sogni e la lettura dello scrittore Carlos Castaneda abbiano influenzato la creazione di questo brano, non si può negare il legame tra la turbolenza ritmica della canzone – tra batterie e percussioni, fischietti e bassi profondissimi – e quella causata dai movimenti tellurici di un vulcano. Un vera “danza sul cratere”, cui accenna anche la grafica di copertina del disco che contiene il brano, che si trasforma in una sequenza di tempi dispari e vorticosi lanci melodici.

“Firth Of Fifth” (dall’album “Selling England By The Pound”, 1973)

Per gli amanti del progressive rock è il brano con l’introduzione pianistica virtuosa per eccellenza e con l’assolo di chitarra rock più romantico e sinfonico che esista. Eppure è legato anche alla natura, sia per i riferimenti a un’era bucolica e mitologica della condizione umana sia per il concetto del fluire di un “fiume del costante cambiamento” di cui parlano i testi. Non solo, lo stesso titolo del brano è un gioco di parole in cui l’intervallo di quinta musicale (“fifth”) prende il posto della parola scozzese “forth” (che ha una forte assonanza con l’inglese  “fourth”, quindi la quarta, in musica), giocando proprio con un luogo geografico che esiste in concreto, il Firth Of Forth, l’estuario del fiume Forth che sfocia nel Mare del Nord vicino a Edimburgo.  L’introduzione pianistica del brano ha anche una struttura basata sulla serie del matematico italiano Leonardo Fibonacci, già nota come “sezione aurea”, frutto degli studi matematici universitari del tastierista e maggiore compositore del gruppo Tony Banks.

“Watcher Of The Skies” (dall’album “Foxtrot”, 1972)

Il testo parla di una sorta di fatalismo fantascientifico, descrivendo un pianeta (la Terra) ormai privo di vita umana e in uno scenario post atomico dove è bastato che la grande “lucertola abbia sferzato la sua coda” per cambiare volto a ciò che ci era familiare. Interessante notare che titolo e testo del brano vennero in mente ai loro giovani autori mentre si trovavano sul tetto di un hotel, in attesa della prove di uno dei loro primi concerti al Palasport di Napoli. La vista di un panorama da una parte geograficamente (e mitologicamente) mozzafiato e dall’altra davvero desolante, con una distesa infinita fatta di degrado e campagna incolta (probabilmente un’area industriale già dismessa o di futura costruzione), diede lo spunto per un brano che fin dalle prime note sembra fatto per descrivere spazi infiniti privi di apparente presenza umana.

 “The Return Of The Giant Hogweed”

 (“Il Ritorno Della Hogwed Gigante” dall’album “Nursery Cryme”, 1971)

Indietro, e via di corsa. / Nessuno può fermarle / attorno a ogni fiume e a ogni canale / il loro potere sta crescendo. / Schiacciatele. / Dobbiamo distruggerle. / Penetrano in ogni città / con il loro odore pesante e cupo. / Sono invincibili. / Sembrano immuni a tutti i nostri erbicidi”.