VINCENZO MARINI E LA FOTOTECA “IL PICCHIO VERDE”

La più antica è una fotografia scattata agli inizi del Novecento davanti all’Università Agraria: una scena contadina, che sa di terra, lavoro, fatica.

La più strana è una fotografia in cui è ritratto un suo zio vestito da cavallerizzo nello stazzo dell’allevamento delle pecore: e la stranezza sta nel contrasto fra l’eleganza dell’abbigliamento e la semplicità della situazione.

La più emozionante è una fotografia di gruppo davanti all’Università Agraria, in cui ha scoperto, in terza fila, anche suo nonno: l’intreccio tra vite private e terre comuni.

La più recente fra le fotografie acquisite è quella in cui, negli anni Cinquanta, davanti a un bar in via Borgo di Sopra, c’era anche suo padre in un gruppo di uomini che, forse, discutevano della schedina del Totocalcio. “La giocavano in gruppo, dopo mille ipotesi, con un sistema. Una volta fecero 12, vinsero una cifra considerevole, la divisero equamente e, probabilmente, finirono per spenderla proprio in quel bar”.

A raccogliere, scansionare e selezionare fotografie di Cesano, Vincenzo Marini cominciò qualche decina di anni fa: “Volevo esplorare l’albero genealogico della mia famiglia, ricostruirne la storia. Si trattava di allevatori di pecore provenienti da Acquacanina, un paese nel Maceratese, che attraverso la transumanza, in cerca di pascoli, sconfinarono nel Lazio e giunsero a Cesano. Qui trovarono estensioni di terreno del Marchese Sili in affitto. Finché una coppia si fermò e cominciò un nuovo ramo. Era il 1840, prima ancora della Repubblica Romana e dell’Unità d’Italia”. Documenti cartacei e poi fotografici sul “come eravamo”, cioè “parenti e amici, enti e istituzioni, case e cascine, campi e terre”, per esempio “una fotografia del 1928 che celebra la cerimonia, sempre in via Borgo di Sopra, dell’assegnazione delle terre”, perché “la storia della mia famiglia si è intrecciata a quella del paese”.

Strada facendo, Marini ha aperto una pagina Facebook e l’ha battezzata “Il Picchio Verde”, raccogliendo “immagini, poesie, pensieri”, e scritto libri, fra gli altri, anche “Il Picchio Verde” con lo psuedonimo Numa Peligno, “la storia di tre migrazioni, nel passato una tribù picena, nel presente una famiglia attuale, nel futuro un personaggio da fantascienza”. In Marini il passato è presente e futuro: “Esiste tutto nel presente. Poi, per comodità psicologica, lo dividiamo in periodi. Ma il passato è sempre vivo e aiuta non solo a ricordare, ma anche a progettare e costruire. La tecnologia può aiutarci: se per il mio archivio si tratta di pc, dischetti e chiavette, per tutti può esserci il ‘cloud’, la ‘nuvola’ di dati memorizzati e archiviati cui sempre poter attingere”.

E allora ecco riapparire, nella fototeca di Marini, Ciccio Lo Medico, “a metà degli anni Cinquanta, primo e unico giornalaio e libraio, cominciò da girovago a vendere i giornali in bicicletta, poi da stabile in un bugigattolo eletto a edicola in via della Stazione, quindi in un locale in una viuzza adiacente. Ciccio, per Cesano, rappresentò una svolta epocale, una fonte culturale, un punto di riferimento. Vendeva anche a rate: si fidava e fidelizzava. Da lui acquistai i classici di filosofia e politica, i testi di Editori Riuniti e Feltrinelli”. E allora ecco riapparire, nella fototeca di Marini, il dottor Carlo Santi, “il medico condotto di Cesano, figura antenata del medico della mutua e del medico di famiglia. Andava casa per casa, conosceva tutti e di tutti conosceva le storie, e siccome non amava guidare l’auto, spesso trovava un autista volontario e si faceva accompagnare nelle sue visite. Era un patito dell’igiene, accuratissimo e scrupolosissimo quando si lavava le mani con acqua e sapone, e aveva una capacità diagnostica resa straordiaria dall’infinita varietà dei casi. Le nostre vite si erano già incrociate a Sulmona, dov’ero nato e cresciuto, frutto dell’amore tra un cesanese in tempo di guerra e una sulmonese, e dove il dottor Santi operava nel distretto militare, curando i feriti di quei bombardamenti che dall’agosto del 1943 al maggio del 1944 colpirono la città, in particolare la stazione, ritenuta obiettivo strategico per i collegamenti ferroviari”.

La storia di Cesano – lo si evince anche dalle ricerche di Marini – è emblematica: “Da luogo privilegiato di ville dei ricchi romani a stanziamento di masse agricole legate alla Chiesa, da sede di un Comune alla sua annessione a quello di Campagnano e infine a quello di Roma, il referendum perduto nel 1981 per recuperare la propria identità amministrativa, ma anche la forza di quel collegamento ferroviario che ci unisce a Roma e dunque all’intera Europa. Cesano ha ancora enormi potenzialità se solo recuperasse gli spazi abbandonati, sprofondati, fatiscenti e se creasse un polo universitario, una sorta di master dei master nella sostenibilità, anche per la sua privilegiata posizione vicino ai laghi, e al parco, di Bracciano e Martignano, alla Via Francigena e a considerevoli quote di terra demaniale”. Il picchio verde – becco diritto, volo ondulato, residente anche in questa zona -, nella sua natura, perfora e nidifica. Il picchio verde, nelle sue leggende, ha un’origine sacra (a Marte) e un’anima fedele (era un uomo capace di resistere al magico fascino di Circe). Cesano dovrebbe sapere quanto può valere il suo Picchio Verde.