Burattini animati

2. L'Airone

2. L’Airone


9. La Connessione

9. La Connessione


19. La Protezione Civile

19. La Protezione Civile


25. Il Futuro

25. Il Futuro


3. La Morte

3. La Morte


10. L'Insegnante

10. L’Insegnante


20. L'Attesa

20. L’Attesa


26. Libri e Pedali

26. Libri e Pedali


5. La Memoria

5. La Memoria


11. La Paura

11. La Paura


21. La Lumaca

21. La Lumaca


27. La Corona Inglese

27. La Corona Inglese


7. La Casa

7. La Casa


13. Il Letto

13. Il Letto


22. La Radio

22. La Radio


30. La Fase 2, lo Sport

30. La Fase 2, lo Sport


L’AIRONE

Fu Orio Vergani, inviato del “Corriere della Sera”, a chiamare così Fausto Coppi. A dire la verità, all’inizio – era la Firenze-Modena al Giro d’Italia del 1940, quando Coppi gregario di Bartali conquistò la tappa e la maglia, quella rosa, s’intende – Vergani era ancora indeciso. Scrisse: “Vedevo qualcosa di nuovo: aquila, rondine, alcione”. I corridori hanno sempre ispirato i giornalisti a paragoni, confronti, fantasie zoologiche: la pulce, il camoscio, il tasso, il falco, lo squalo. Fausto fu l’Airone, anzi, il grande Airone, “fortissimo e fragile al tempo stesso”, “lanciato in volo con il battere delle lunghe ali a sfiorare valli e monti, spiagge e nevai”.

Materiali: occhi di bambola, tela di cotone inamidata, perline, guanti da spolvero, filo di ferro, laccio per agricoltura da innesto, tulle, corde del mocio (nuovo), tessuto pile, rotoli per messa in piega.

LA MORTE

Un fantasma che si aggira, uno spettro che si agita, un incubo che si manifesta. Da stillicidio a ecatombe, strage, sterminio. Si muore sul campo, a casa, in ospedale. Si muore per complicazioni. Si muore perché gli scienziati non sanno, i medici non conoscono, gli strumenti non esistono. Si muore da martiri, inconsapevoli, da eroi, anonimi, da militi, ignoti. Si muore, e a morire sono soprattutto i più vecchi e i più deboli, i più fragili e i più poveri. Si muore senza neppure la possibilità di un conforto, di un sostegno, di una presenza. Si muore da soli. La morte diventa numeri, dati, statistiche.

Materiali: scheletro di plastica, tessuto elasticizzato, carta mazzo napoletano trovata, ruota di bicicletta giocattolo, fettuccia di maglina, auricolari rotti per telefono, orologio, ciondolo di vetro, palline di carta, tela di lino, testa di cartapesta.

LA MEMORIA

Riceve, immagazzina, deposita. Inserisce, registra, cataloga. Documenta, dichiara, certifica. Recupera, verifica, confronta. Talvolta perde, trascura, rimuove. E’ uno scrigno, una cassaforte, un tesoro. E’ una miniera, un giacimento. E’ una banca, una banca dati. E’ un patrimonio, un patrimonio comune. E’ un bene, un bene collettivo. La memoria è una rete, che trattiene e tramanda, che talvolta tradisce, ma che salva e ci salva dall’oscurità, dall’anonimato, dal niente. La memoria è una traccia, unimpronta, una traiettoria. La memoria è tutto quello che rimane a noi ed è tutto quello che rimane di noi. La memoria è tutti i nostri ieri.

Materiali: pallina ping pong, occhiali maschera carnevale, sopracciglia finte, lampadina contenitore bevande, libriccini di Pinoccho e Orbis Pictus, maglia di lana con fili dorati, lettere di legno e stoffa e plastica, scudo giocattolo, cassa del tesoro giocattolo, occhi per bambole di plastica, nastri dorati confezione cioccolatini, ciondolo di ottone dipinto, perline.

LA CASA

Tutti a casa. Tutti in casa, per casa, dentro casa. Tutti casalinghi, casalinghi e guardinghi, casalinghi e casarecci. La casa come rifugio, come bunker, come fortino e come fortezza, la casa un po’ anche come caserma, la casa un po’ anche come una piccola città in cui vivere e sopravvivere, esistere e resistere, proteggere e proteggersi. La casa incasinata. La casa che ritorna – più che mai – come punto di riferimento, come punto di vista, come punto di osservazione, come punto e a capo. La casa come eremo per chi vive da solo, la casa come famiglia, comunità, collegio per chi prima era abituato a viavai e andirivieni, a orari diversi e diversi impegni, a incontri casuali e incroci estemporanei. La casa da folocaio ad anti-focolaio. La casa come centro del mondo, come cuore della famiglia, come luogo – paradossale, ma proprio così – di nuove conoscenze: chi più sconosciuto di un figlio, chi più misterioso di un padre, chi più sorprendente di un nipote?

Materiali. Fronte: lune di cartapesta, stella fluorescente, campanello, abat jour piccola, panno, tovaglia gialla, ciniglia, corni di carta vellutata, passamaneria, finestra con calamita per frigo, cucchiaio plastica biberon giocattolo, forbici in miniatura, prosperi, freccetta tiro a segno, scopa in miniatura, spugnetta trucco, vestiti picccole bambole, mollette in miniatura, ferri da maglieria per tubolari. Retro: armi giocattolo, prosperi, scala in miniatura, forchettone in miniatura, testa di diavolo, gambe e braccia bambola.

LA CONNESSIONE

Ha riscritto la storia sociale. Ha ridefinito i rapporti umani. Un campo composto da linee invisibili che ci congiungono, ci collegano, ci connettono. La connessione non è unità né unione, ma la possibilità di farlo, allacciando, annodando, stringendo. La connessione è un’altra vita, una seconda vita, anche un’altra vista e una seconda vista, è una medicina contro la solitudine e l’isolamento, ma anche il pericolo di una nuova solitudine e di un nuovo isolamento. C’è il rischio di connettersi elettronicamente e, allo stesso tempo, sconnettersi realmente, dalla realtà, dalla vita vera e vissuta, quella fatta di parole e sguardi, colori e sapori, sensazioni ed emozioni, brividi di piacere o di paura. Per cercarne e trovarne altri: schermati, remoti, diversi.

Materiali: ombrello giocattolo, eliche elicottero giocattolo, teste di bamboline, ciniglia, maglina elasticizzata, occhi per bambola, polistirolo, panno nero, bordatura con fili d’argento, corda argentata, lana e nastri.

L’INSEGNANTE

Dalla cattedra alla scrivania, al tavolo, al tinello. Dalla lavagna in classe allo schermo del computer. Dall’aula a casa, e poi in tutte le case, da casa a casa, di casa in casa, lezioni casalinghe. L’insegnante si aggiorna, si adatta, s’impegna, si moltiplica. Si accende, si collega, si spegne. E naviga, comandante e timoniere, in onda. E’, il suo, un compito a casa: dopo anni, secoli, millenni di letture e spiegazioni in diretta scolastica, lo fa trasformando le lezioni pubbliche in private. Dopo qualche inevitabile imbarazzo e perplessità, il sistema ingrana e funziona, perché vale anche come registrazione, da ascoltare e riascoltare, da studiare e ristudiare, come un podcast. La pandemia, qui, è stata un’accelerazione nel futuro.

Materiali: tessuto di cotone, calzino bucato, tessuto di pile, cornice di legno, formiche di plastica, fili e cordoni di cotone, lavagna in miniatura, matita, temperino, portamine, gomma da cancellare, palline numerate del pallottoliere, parrucca sintetica, perline, testa di bambola, matita di legno con righello.

LA PAURA

Si ha paura, dicono, solo di quello che non si conosce. Come un nodo in gola, un peso in pancia, una stretta dove si sa. Come un fantasma che si aggira per le strade, le piazze, gli edifici, come un’ombra che si riflette qui o s’indovina là, come un punto interrogativo alla fine di ogni pensiero. La paura è invisibile, però la si sente, la si tocca, la si respira. La paura ha perfino un odore, un colore, una temperatura. Eppure la paura ha i suoi meriti: serve a tenere alta la concentrazione, serve a tenere viva l’attenzione, serve a tenere accesa la prudenza. La paura, se convertita in coraggio, se tradotta in ragione, se trasformata in ricerca, è funzionale, aiuta, migliora. E poi una paura ridimensiona le altre: così un film da paura può essere, almeno per un paio d’ore, efficace come un tranquillante.

Materiali: calzini bucati, elastici per capelli, corno porta fortuna, bacche finte, pallina di plastica trasparente, corallo di plastica, rocchetto avvolgispago.

IL LETTO

Era il principe reggente della notte, diventa il centro direzionale del giorno. Era riservato al dormire, ed eventualmente a poco altro, diventa multifunzionale e polivalente, da ufficio a palestra, da biblioteca a tavola, da rifugio a salotto. A suo modo il s’ingrandisce: da singolo a una piazza e mezza, da matrimoniale a locale, nel senso di camera, di stanza, una stanza nel mondo protetta da mura-pareti e da porta-ponte elevatoio. Il letto sta alla casa, in tempi di clausura, come un’ambasciata sta a una città: un luogo protetto e immune, destinato anche a diplomazia e rappresentanza, per cooperazioni culturali e scientifiche oltre che sentimentali e sessuali. Qui si legge e si scrive, si sogna anche a occhi aperti, si ascolta e si sente, si progetta e si organizza, ci si custodisce e ci si allea, si lavora e si elabora. Ed è proprio a letto che trionfa lo “smart working”. La mattina è “bed and breakfast”, di giorno è “bed and board”, per tutti è “bed in” o “inbedded”. Letto e riletto, visto si stampi.

Materiali: tessuto velluto, tela di cotone, piccolo peluche, bordatura lenzuolo, tavolino cartone pressato, pera di legno, confezione yogurt in miniatura, stella cometa di legno, bottoni, imbottitura per cuscini, cordoncino.

LA PROTEZIONE CIVILE

Sono i nuovi angeli custodi. Se fosse calcio, sarebbero difensori. Se fosse ciclismo, gregari. Se fosse alpinismo, sherpa. Se fosse jazz, contrabbasso e batteria. Soccorrono, presidiano, aiutano. Fanno quello che possono, e quello che possono è tanto, perché c’è tanta buona volontà, tanta passione umana, tanto impegno cittadino. I nuovi angeli custodi sembrano ingolfati da tute adatte a calamità naturali, alluvioni tempeste incendi, invece questa pandemia è subdola, silenziosa, in incognita, ma loro acquisiscono e distribuiscono, si moltiplicano e si prodigano. I nuovi angeli custodi non hanno le ali, ma danno a tutti una mano, non volano e non planano, ma sono terreni, terrestri e territoriali.

Materiali: fiore e foglie di stoffa, calzino da calcio, maglietta per bambolotto, fettuccia, tessuto di pile, panno lenci, fischietto da arbitro, rete di plastica per patate, tela di cotone, merletto, perline.

L’ATTESA

Stavolta è diverso. Non è il bello di un sogno, di un desiderio, di una speranza. Ma è l’incertezza della situazione, l’impotenza della scienza, l’adozione della prudenza. Stavolta è aspettare che la virulenza si plachi, che il contagio rallenti, che la strage si fermi. Quarantena, clausura, confinamento. Lockdown. Un conto alla rovescia, i conti alla rovescia, i conti che tornano e quelli che non tornano, nessuno sconto. Durante l’attesa il tempo cerca e trova nuove unità di misura, tra nuovi appuntamenti e nuove dimensioni, scandito da orari, impegni, attività volute come lancette, puntelli, ragioni. E’, questa, un’attesa sospesa, sommessa, cauta. Un’attesa, tutto sommato, inattesa.

Materiali: parrucca sintetica, testa di burattino riciclo, merletto, tessuto di cotone, maglia di lana fatta a mano, filo di lana, bacchetta cinese, perline, elastici da capelli, ferro da maglieria in miniatura.

ALESSANDRO, LA LUMACA CHE IMPARO’ LA LENTEZZA (dedicato a Luis Sepulveda)

Pigre, molli e indolenti, le lumache vivono in una specie di ruoulotte. Così se la prendono comoda, tirano per le lunghe, temporeggiano, aspettano. Hanno il dono della pazienza. Ma ce n’è una ribelle, forse rivoluzionaria, comunque anticonformista, che un giorno sale su una tartaruga (be’, non proprio un campione di velocità, ma vorrete mica mettere con una lumaca) e gira – si fa per dire – il mondo. E’ la storia di Alessandro, la lumaca che scoprì quanto fosse importante andarci piano e imparò la bellezza della lentezza? Beni a chilometro zero, esplorazioni “surplace”, gite a breve raggio, avventure sognate e immaginate.

Materiali: calzino, tela di lino, maglina di cotone, tela di cotone, perline, batuffoli di lana, polistirolo, fili di carta, imbottitura da cuscino, testa di Babbo Natale, rotolo di plastica avvolginastro, bustina del the.

LA RADIO, DIVERSA. GIORNATA DELLA RADIO

Era data per finita: se lo era, ha ricominciato. Era data per esaurita: se lo era, si è ricaricata. Era data per morta: se lo era, è resuscitata. E’ tornata a essere radio-guerra con i suoi bollettini, radio-pace con i suoi messaggi, radio attiva con i suoi servizi e i suoi programmi. La radio è libera – e questo lo hanno già cantato -, libera veramente, perché libera la mente. La radio si ascolta così attentamente che la si guarda, la radio è dovunque, comunque, quantunque, la radio è in qualsiasi momento e per qualsiasi evento, la radio è a portata di mano e a portata di tutti, la radio si accende e accende, la radio scandisce i tempi e ritma le parole, la radio accompagna e assiste, segue e insegue, mantiene e sostiene, s’insinua e s’incunea, scava e scova, la radio è cronista, inviato, opinionista, la radio è una finestra, un balcone, una terrazza sul mondo, la radio è aeronautica, la radio spalanca le porte e abbatte i muri, e non c’è clausura che tenga.

Materiali: tela di cotone, panno lenche, tela di raffia, bocca di metallo, stecche per busti, dado in neoprene, bottoni di legno, filo elettrico, perline di legno, birilli soldato di legno, rotolo di plastica avvolginastro, occhi di metallo, altoparlante piccola cassa acustica.

IL FUTURO. LA GRANDE MURAGLIA VERDE. GIORNATA DELLA TERRA

La programmazione balbetta, la pianificazione salta. La fiducia svanisce, rimane la fede. L’ottimismo evapora, rimane il realismo. Il futuro non è più sconfinato o illimitato, ma si restringe, si accorcia, si abbrevia, si impoverisce. Si tende a vivere alla giornata, oggi per oggi, domani è un altro giorno, e si vedrà. Si diventa, tutti, un po’ miopi: chi guarda lontano, vede contorni vaghi, sfumati, confusi. Il bollettino medico dà i numeri quotidiani per cercare di capire situazione e tendenza. E’, quella che si vive in questi giorni pandemici, come una grande corsa a tappe, tappa dopo tappa, partenza e arrivo, l’arrivo che diventa partenza, una ripartenza.

“La Grande Muraglia Verde non è solo per il Sahel. È un simbolo globale per l’umanità che supera la sua più grande minaccia, il nostro ambiente mutevole. Ci dimostra che se possiamo lavorare con la natura, anche in posti impegnativi come il Sahel, possiamo superare le avversità e costruire un mondo migliore per le generazioni future”

Materiali: tessuto di pile, tessuto di cotone, lampada ad albero con fibre ottiche, foglie di stoffa, mappamondo temperino, secchiello in miniatura, semi di piante, collana in torciglione metallico, perline, filo di ferro, bomboniera comunione, piccolo animale.

LIBRI E PEDALI. LA BIBLIOTECA DELLA BICICLETTA. IL MAGGIO DEI LIBRI

Rotondi? Calcio. Ovali? Rugby. Verticali? Alpinismo. Umidi? Nuoto e pallanuoto, canoa e canottaggio. I libri di sport non hanno solo un’anima, ma anche un corpo. Così i libri che raccontano la bicicletta – saggi, manuali, romanzi, biografie, poesie, guide… – hanno i pedali: sprintano, scollinano, formano un ventaglio o fanno l’elastico, non sentono la catena, volano. Lucos Cozza, archeologo e ambientalista, sarebbe stato orgoglioso di sapere che a lui è stata intitolata la Biblioteca della bicicletta, l’unica così specializzata in Europa: sede a Roma, inserimento nel sistema delle Biblioteche di Roma, possibilità di consultazione e prestito, una pagina Facebook per tenersi connessi e aggiornati, anche con le recensioni delle novità. La Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza è stabile e itinerante, festivaliera e festante, taglia l’aria ma non la strada, accetta scie e spinte.

Materiali: carta e cartoncino, ciniglia, tessuto fresco lana, maglina di cotone, cotone felpato, merletto antico, catarifrangente, ruota bicicletta giocattolo, orecchini a forma di bici, nappa di perline.

LA CORONA INGLESE. IMMUNITÀ DI GREGGE

L’immunità di gregge: il contagio che si trasforma in una sorta di vaccinazione. Più che una tesi, è un’ipotesi. Più che una certezza, è una speranza. O forse una strategia omicida. Chi l’adotta – facciamo finta di nulla, quello che sarà, sarà – se ne pentirà. Succede in Inghilterra. I contagi salgono, i numeri impazziscono, gli ospedali si saturano. Lo stesso primo ministro Boris Johnson viene colpito dalla malattia. La stessa vendetta si compirà su altri uomini politici che avevano negato l’evidenza del male, da Jair Bolsonaro, il presidente del Brasile, a Mikhail Mishustin, il premier della Russia. E allora si torna indietro: mascherine e guanti, distanze e tamponi, prudenza e attenzione, ricerca e vaccini.

Materiali: panno lenche, pecore presepio, tessuto di cotone, tessuto a rete, orecchini, bottoni, corona di carta, pallina natalizia, pelliccia ecologica, cordoncino, imbottitura cuscini, petali di stoffa, nastro di raso.

LA FASE 2. LO SPORT

Fase 1: ginnastica in casa, in camera, sul pavimento, bici sui rulli, sul balcone, sul pianerottolo, scale su e giù a piedi anche di corsa per il condominio. Fase 2: la ripresa, il recupero, la riabilitazione. Attività: camminare, correre, pedalare. Da soli. A distanza. Poi, gradualmente, e finalmente, sport: tennis, tennistavolo, badminton, beach volley, nuoto, vela… Riconciliarsi con la natura (magari chiedendole scusa e promettendole di non farlo più), riappropriarsi dello spazio, rigovernarsi attraverso le regole, ricominciare dai fondamentali, ritrovare il ritmo, la cadenza, l’intensità, fino a farne un’abitudine. Lo sport rivissuto nel suo spirito originario, nella sua filosofia umanistica, nella sua sinergia con l’anima, la mente, la psiche, nella sua fabbrica di sensazioni ed emozioni. La possibilità di resinerire l’attività fisica e sportiva in un nuovo stiile di vita: lo sport come principio salutistico, come difesa immunitaria, come riforma morale, come abbraccio sociale.

Materiali: testa e braccia di bambola, capelli finti, maglina di cotone, tessuto di lino, tessuto in spugna di cotone, bottoni di legno, filo di ferro, coppa in miniatura, bicicletta portachiavi in metallo, pallina da ping pong, pallina da tennis in miniatura, elastici per capelli, volano, yo-yo sorpresa uovo pasquale, occhiali di plastica portachiavi.