Pasolini in Bicicletta
Narrazione scenica
Racconti di Marco Pastonesi, lettura partecipata di e con Gabriele Benedetti (in italiano e friulano), paesaggio sonoro di e con Alessandro D’Alessandro, organetto e sintetizzatore.
Produzione Bianco Teatro/Ti con Zero
Perché Pasolini e la bicicletta? Perché Pasolini viaggiò in bicicletta da San Vito di Cadore a Casarsa della Delizia, 130 km, nel 1940 (e, prima, le tappe di avvicinamento da Bologna); perché intervistò Viktor Kapitonov, olimpionico ai Giochi di Roma 1960, per “Vie nuove” (e la visita alle baracche della Borgata Gordiani); perché apparve al “Processo alla Tappa” di Sergio Zavoli nel 1969 (intervistato da Vittorio Adorni, campione del mondo su strada); perché scrisse un articolo per il settimanale “Tempo” su Michele Dancelli, Eddy Merckx e Vito Taccone; perché oggi esiste il Sentiero Pasolini, ciclopedonale, che dal cuore di Roma arriva a Ostia lungo il Tevere per 17 km. Pier Paolo Pasolini giocava a pallone, ma cavalcava la bicicletta, amava il calcio, ma conosceva il ciclismo, interrogava i calciatori, ma dialogava con i corridori, e amava una terra che sapeva di pedali e gomme, la stessa di Ottavio Bottecchia che conquistò il Tour de France – il primo italiano nella storia – nel 1924 e nel 1925.
Perché Pasolini in musica? Perché la musica e la parole della musica sono sempre state centrali nel percorso pasoliniano. Basti pensare al suo “Canzoniere”, dedicato non solo alle forme tradizionali dei canti regionali italiani, ma anche alle canzoni più leggere e commerciali. Nei suoi film Pasolini si è avvalso dell’aiuto di autori come Carlo Rustichelli, Luis Bacalov, Domenico Modugno e altri ancora.
E perché Pasolini non solo in italiano ma anche in friulano? Perché Pasolini era friulano di adozione, profondamente legato al Friuli, alla sua lingua, al suo accento. Così come la bicicletta accompagnava Pasolini nelle sue scorribande o nei suoi viaggi, così faceva anche la musica e così fanno anche le parole. Un ritmo, un’andatura, un’armonia.
Durata 1h
Marco Pastonesi (Genova, 1954), giornalista, scrittore, autore. Ha lavorato 24 anni alla “Gazzetta dello Sport” seguendo Giri, Tour, Mondiali di ciclismo e rugby, Olimpiadi. Ha scritto, fra l’altro, “Pantani era un dio”, “Coppi ultimo” e “L’Uragano nero” (66thand2nd), “Mia” con Ivan Zaytsev e “Il mio calcio libero” con Barbara Bonansea (Rizzoli). Ha partecipato con narrazioni sceniche a Salone di Torino, Letteraltura di Verbania, Festivaletteratura di Mantova.
Gabriele Benedetti (Udine, 1966), attore, autore, regista. Si è formato
all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma, fra le sue
collaborazioni quelle più che decennali con Giorgio Barberio Corsetti, Quellicherestano, l’Accademia degli Artefatti e il CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia. Ha partecipato a numerosi spettacoli tratti dall’opera pasoliniana: “I Turcs tal Friul” regia di Elio de Capitani alla Biennale di Venezia 1995, “Tal cour d’un frut” regia del Teatro Incerto nel 1996, “Siums” regia di Gigi Dall’Aglio nel 2012, “Pier Paolo!” regia di Giorgio Barberio Corsetti nel 2014 e “Il treno” cinque spettacoli da due ore ciascuno su scritti e lettere vari per la regia di Rita Maffei nel 2016.
Alessandro D’Alessandro (Gaeta, 1985), organettista, si dedica principalmente alla contaminazione dell’organetto con stili e armonie non propriamente di matrice etnica, anche attraverso l’utilizzo dell’elettronica. E’ solista e coordinatore dell’Orchestra Bottoni. Si esibito in alcuni dei più importanti festival italiani e stranieri, tra cui Festival Berlioz, Francia; Concerti del Quirinale, RaiRadio3; WTM Londra, Inghilterra; MeYouZik, Lussemburgo; Maggio Musicale Fiorentino; Premio Tenco. Il suo album più recente è “Canzoni” (Squilibri).